Sipario

Sipario

Con ÉLODIE SERRA

Testo di DARIO SANTARSIERO

 

Adattamento e Regia

ALESSANDRA PIZZI

“Il teatro resiste, come un divino anacronismo”

ORSON WELLES

Veronica Righetti Montefusco è una giovane (nemmeno tanto) attrice italo francese, impegnata nella sua quotidiana attività prevalente: partecipare ad audizioni e provini in attesa di trovare l’occasione giusta per dimostrare la sua professionalità e quel talento in cui, forse nemmeno lei, crede poi tanto. Questa volta si imbatte in un bizzarro ed eccentrico regista. Un veterano della scena, un grande amante dell’arte, a cui l’isterismo e la supponenza di Veronica non fanno impressione. Il regista, come da ruolo, non è lì solo per scoprire le attitudini di Veronica e la sua pertinenza al personaggio, quanto piuttosto aiutarla a capire i motivi e le ragioni che sottendono la scelta e la sua determinazione, ammesso che lei ne abbia. Tra malintesi, imbarazzi, frecciatine, battute a doppio senso, il regista (che e’ anche coscienza, e rappresenta il teatro), porterà Veronica a sciogliere le tensioni, e ad abbracciare il suo talento, comprendendo meccanismi e stati d’animo del mondo dello spettacolo. L’ironia lascia spazio ad una conoscenza più intima tra i due, Veronica si “mette a nudo”, rivelando i propri timori e le proprie perplessità. Quando finalmente questo provino avrà inizio, la voce del custode irrompe nella scena: il teatro sta per crollare, è vecchio e vetusto, non ha più ragione di stare in piedi. Sarà il regista, ancora una volta, a spronare Veronica ad andare avanti nonostante tutto, a non aver timore di portare avanti l’opera che ha iniziato, di continuare la sua recitazione nonostante le avversità esterne. Nel fragore e nel polverone sollevato dal crollo del teatro, Veronica e il regista sopravvivono…e il Teatro pure.

Lo spettacolo è un atto unico scritto in forma di dialogo a due voci (l’attrice e il regista). Lo scambio di battute avviene tra l’attrice (sul palco) e il regista (fuori campo).

 Note di regia

Uno spettacolo dedicato al teatro e all’Arte tout court, ma soprattutto ai lavoratori dello spettacolo. Scritto durante la pandemia, in quel momento in cui le circostanze sembravano talmente avverse da profetizzare la fine di un intero settore. Un omaggio ad artisti, registi, scrittori, operatori culturali, tecnici, quel caleidoscopio di figure che si muovono sul palco o sul set cinematografico di cui, prima che le competenze professionali ed artistiche, spesso dovrebbero essere lodate la costanza, la passione e la determinazione. Un’attrice alle prese con l’ennesimo provino e un regista che rappresenta il teatro e la sua coscienza. Uno scontro di vedute e un continuo imbarazzo, e sagacia e ironia, miste al cinismo di lui. La coscienza irrompe quando Veronica è messa di fronte alla necessità di capire cosa rappresenti in realtà l’opportunità di andare in scena. Se recitare è un dono riservato agli attori meritevoli, la recitazione resta per loro  l’opportunità più grande di “mettersi a nudo”, il viatico straordinario per la conoscenza di sé. Il regista lo sa, abituato come è a “scoprire” le persone.

Veronica un po’ meno, ma superata la reticenza iniziale si lascia guidare. La storia di un incontro/scontro tra posizioni, punti di vista, bisogni, che confluisce in una grande complicità in nome della passione comune per il teatro. Un’arte che è rappresentazione più che creazione, una fonte di gioia e di meraviglia. Perché, nonostante ogni avversità, il teatro resiste, come un divino anacronismo… lo diceva Orson Welles.